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Come uscire dalle trappole del perfezionismo

Nell’articolo “Sette cose che sacrifichi per via del perfezionismo” abbiamo visto ciò a cui rinunciamo quando lasciamo che il perfezionismo prenda il sopravvento.

Quando l’ho condiviso sulla mia pagina Instagram, in privato ho ricevuto un commento in cui una donna diceva che ciò che sente di sacrificare maggiormente quando persegue la perfezione a tutti i costi è la propria serenità.

La perdita della serenità è l’emblema del nostro sacrificio, insieme alla perdita della leggerezza, della capacità di prendere le cose per ciò che sono, o magari di considerarle da un punto di vista più morbido e meno pesante.

Questo accade quando non ci accorgiamo che il perfezionismo diventa una trappola, una gabbia dietro cui finiamo quando, con l’intenzione di avere ottimi risultati, cediamo al volere la perfezione a ogni costo.

E queste trappole hanno su di noi un duplice effetto:
– da un lato ci paralizzano e non ci consentono di muoverci, nonostante la nostra illusione di ragiungere instancabilmente risultati sempre migliori,
– dall’altro sono una sorta di scudo dietro cui ci barrichiamo, una specie di giustificazione che ci dà l’alibi per nasconderci, per non esporci, per non fare il primo passo. Per continuare a credere di non essere abbastanza, perlomeno non a sufficienza per esporci.




1. Incapacità di dire no: Roberta

Roberta è venuta da me perchè non riusciva più a distinguere quale fosse il tempo privato dal tempo lavorativo.
Faticava a dire di no su lavoro e non aveva idea di come fare per riprendersi i suoi spazi.

Non è detto che chi fa fatica a dire no sia perfezionista, piuttosto può essere molto frequente il contrario, ovvero che chi è preda del perfezionismo non abbia alcuna confidenza con lo stabilire confini e mettere dei paletti.

Se cercare di essere perfette è una strategia per assicurarsi l’apprezzamento altrui, per evitare la disapprovazione e il rifiuto, questo tentativo di piacere sempre a tutti spesso passa per l’incapacità a dire no e ad affermare se stesse.

Come è successo a Roberta, quando il perfezionismo dilaga sul posto di lavoro, ci facciamo carico di responsablità che non sono nostre, in un peso che, via via, diventa sempre più gravoso e insopportabile.
Delegare è impossibile (“Se posso farlo io e posso farlo perfetto, perchè farlo fare agli altri?”), finchè, arginare le richieste di chi sta intorno diventa impossibile.
E questo capita perchè noi per prime rompiamo gli argini e facciamo saltare tutti i paletti, con la speranza di sentirci utili e alla continua ricerca di conferme.

Darci per prime ciò che chiediamo agli altri può essere una valida strategia per uscire da questa trappola: accrescere la stima di noi, la fiducia in chi siamo e nelle nostre qualità, per imparare a sviluppare l’assertività e alzare confini.

Avere una piena accettazione e stima di noi, ci permetterà di non cadere nella trappola, poichè non avremo più bisogno di continue conferme esterne per ritenere di “andare bene” e riconoscere il nostro valore.

La domanda guida per…
accorgersi della trappola

Quali sono i pensieri che faccio quando mi trattengo dal dire no?
Quali sono le mie paure all’idea di farlo?
Come mi stanno condizionando questi pensieri?

– fare un passo fuori dalla trappola
Cosa ottengo nel breve periodo non ponendo confini? E nel lungo?
Cosa sto sacrificando?


2. Procrastinare continuamente: Miriam

Miriam aveva un sogno nel cassetto: creare qualcosa di magico e unico con le proprie mani. Aveva un armadio dei segreti che non apriva mai, fatto di oggetti di recupero destinati alle sue creazioni, tessuti, fili, nastri, bottoni e carta modelli.
Il suo estro creativo – che fino al nostro incontro aveva incanalato nel lavoro di grafica pubblicitaria – aveva in realtà un’altra anima, quella della fashion designer. Miriam aveva le prove di essere brava, di essere all’altezza di quel lavoro e aveva anche sperimentato la gioia e la realizzazione di dedicarsi a questa sua passione.
Eppure, per lei non era mai il momento per lanciarsi davvero, per fare il primo passo e tirare fuori il suo sogno dall’armadio dei tesori.

“Mi proporrò solo quando mi sentirò più preparata, avrò qualche lavoro in più nel mio portfolio, avrò guadagnato abbastanza per avviare il mio nuovo progetto, avrò foto perfette che rendano giustizia alle mie creazioni.”
E così via, in una sequela infinita di scuse con cui non faceva che dimostrare che la ricerca continua del “meglio” non sempre fa bene.

L’insicurezza e i timore di non aver compiuto il proprio lavoro “come si deve”, ci spingono a non esporci e a non assumerci il rischio, con la giustificazione di non aver fatto l’ennesimo controllo, l’ultima modifica, l’ulteriore perfezionamento.
In questo modo, non si è mai sufficientemente pronte per lanciarsi e condividere con il mondo noi stesse e i nostri progetti
.



Il rischio di avere risultati buoni anzichè perfetti, di non essere apprezzate, di farsi”scoprire” nella nostra reale inadeguatezza (di cui noi siamo davvero convinte, ahimè) ci rende insopportabile l’idea dell’errore o del fallimento, così rimandiamo continuamente in attesa del momento perfetto, che purtroppo, però, non arriva mai.

La domanda guida per…
accorgersi della trappola

In che modo puntare alla perfezione mi sta dando la scusa per rimanere nell’ombra?
Se non temessi di non essere apprezzata, quali cose avrei fatto fino ad ora?

– fare un passo fuori dalla trappola
Qual è quella cosa per cui mi sento pronta all’80% e che potrei iniziare a fare, anche se non lo sono cesattamente come vorrei?


3. Il timore del fallimento: Ilaria

Ilaria mi ha contattato per riuscire a vincere il perfezionismo e portare un po’ di sollievo alle sue giornate.
All’inizio del percorso insieme, Ilaria si sentiva sfiduciata, non credeva che avrebbe potuto farcela. Era certa che anche questa volta avrebbe iniziato per poi mollare, che non sarebbe cambiato nulla.
Si ripeteva continuamente “Sono sempre la solita” portando questa sfiducia anche nelle sessioni, durante le quali spesso esclamava: “E lo so, ma è difficile cambiare!”.
Ilaria aveva paura di fallire nonostante gli sforzi, aveva il bisogno di essere rassicurata che le sue fatiche non sarebbero state vane, che il suo desiderio di smettere di voler compiacere gli altri, di fare ogni cosa alla perfezione, di essere sempre impeccaible in ogni situazione fossero obiettivi davvero realizzabili.

La paura di non farcela l’ha accompagnata per un po’, finchè non si è concentrata solo sulla ricostruzione della propria autostima e della fiducia in se stessa, mattoncino dopo l’altro.

Il perfezionismo esclude categoricamente la non riuscita dalle nostre prospettive, negando la natura intrinseca di noi esseri umani. Il timore dell’errore è alimentato dalla sfiducia in noi stesse e, a sua volta, ci paralizzano in un turbine di pensieri che provocano effetti negativi al nostro benessere.

La domanda guida per…
accorgersi della trappola

Quali sono le cose a cui sto rinunciando per la paura di fallire, per paura di non essere apprezzata?

– fare un passo fuori dalla trappola
Cosa sono disposta a fare per smettere di sacrificare la mia vita e i miei desideri?


4. Giudicare le proprie emozioni: Cecilia

“Non dovrei essere così emotiva, mi dà fastidio prendermela così tanto per una situazione che agli altri non dà alcun pensiero!”.
Quando ho conosciuto Cecilia, era molto giudicante verso se stessa e le proprie emozioni.
Non si dava il permesso di provare quelle che lei ritenereva “emozioni scomode”, che “non avrebbe dovuto provare”, che le “davano fastidio”.

A dirla tutta, era lei a darsi fastidio per il solo fatto di provarle!
Il perfezionismo l’aveva convinta di avere tutta una serie di obblighi che includevano anche ciò che era giusto sentire e provare e tutto ciò che esulava da questo elenco di doveri auto imposti era sbagliato.

Giudicare le proprie emozioni significa anche sminuire il valore delle motivazioni per cui le proviamo, di ciò che conta per noi, dei nostri bisogni (che ci parlano attraverso ciò che sentiamo, appunto).

Stabilire che ciò che proviamo è sbagliato è come dire che noi siamo sbagliate, che andremo bene solo se proveremo ciò che è giusto provare e questo non fa che diminuire la già scarsa stima in noi stesse: ci sentiamo in colpa, non ne facciamo una giusta, ci diciamo che ce la prendiamo per cose inutili e ci sembra che tutti siano in grado di vivere serenamente con le proprie emozioni, mentre noi non ne siamo capaci.

Imporsi di stare bene a ogni costo, di non provare fastidio, rabbia, tristezza, di doversi far andare bene tutto, ci spinge a privare di importanza le nostre motivazioni e la nostra intera persona.
Accettare le proprie emozioni significa darsi il permesso di provarle, anche quando questo significa lasciar emergere le zone d’ombra ed essere diverse da ciò che pensiamo dovremmo essere.


La domanda guida per…
accorgersi della trappola

Qual è l’emozione che non mi sto dando il permesso di provare, in questo momento?
Se fossi libera dal condizionamento di ciò che penso dovrei provare in questa situazione, cosa mi concederei di sentire?

– fare un passo fuori dalla trappola
Qual è il nome dell’emozione che sto provando?
Riesco a riconoscerla e a darle un nome?

Cosa mi sto dicendo, rispetto al fatto di provare questa emozione?
Qual è una situazione in cui posso provare a spermentare di vivere liberamente ciò che sento?


Nell’articolo “Sei su un’altalena di emozioni?” trovi un esercizio molto utile per imparare a stare con ciò che provi e a liberarti della paura di farti travolgere da quello che senti!



Cosa ne pensi? Ti ritrovi in queste storie e in queste trappole?
Apresto,
Patrizia

Ph Andrea Piacquadio/Pexels

Patrizia Arcadi

Sono Patrizia e ti aiuto a ritrovare il potere, la forza e la fiducia per realizzare la tua Visione di Vita, personale e professionale. Lavorando con me potrai: sentirti più sicura di te e delle tue decisioni nella vita privata e nel lavoro, metterti al primo posto senza sentirti in colpa, riconoscere il tuo valore, dire la tua con sicurezza, apprezzarti e star bene con te stessa.

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