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Affrontare la ripresa lavorativa quando hai a che fare con perfezionismo e critico interiore


Cosa significa “riprendere” quando insieme a te, alla scrivania, si accomodano anche il perfezionismo e una parte interiore molto critica e giudicante?

Se è vero che per la maggior parte di noi settembre significa ricominciare con la pressione di messaggi esterni che rimandano a definire propositi e obiettivi come se pochi giorni o poche settimane di pausa avessero resettato tutto, è vero anche che la ripresa non ha la stessa leva motivazionale per tutte.

Tornare alla routine e alla quotidianità lavorativa può essere molto faticoso emotivamente e mentalmente, se sulle spalle portiamo la zavorra del giudizio interiore e di un occhio intransigente nei nostri riguardi.

Per quelle di noi che sono riuscite a concedersi di staccare (con non poca fatica, ne sono certa!) questo periodo dell’anno è molto gravoso, per via dei sensi di colpa e del senso del dovere che spesso torna a farsi vivo, ancora più rigido e inflessibile.


In questo articolo desidero condividere questa difficoltà comune a molte di noi: penso che in questi momenti, infatti, sia essenziale e salvifico capire che non siamo sole, che se ci guardiamo intorno possiamo scorgere anche nelle altre donne e professioniste questa vulnerabilità e questa fatica.


Perché il senso di sopraffazione, il senso di colpa, la preoccupazione, il peso dell’inadeguatezza con cui ci etichettiamo perché non agiamo o non ci sentiamo come “dovremmo” sono esperienze comuni e condivise.


E cercare di riconoscere ciò che si prova, dargli un nome, scoprire quale bisogno c’è dietro alle nostre emozioni è un primo passo per accogliere il nostro essere umane e non cadere nella trappola punitiva del fare e del dovere, passando invece dall’ascolto di sé e dall’empatia.

Ecco perché, in questo articolo non troverai consigli e spunti su “come fare per superare la sindrome da rientro”, ma uno spazio di osservazione, ascolto, riconoscimento e appartenenza in cui sentirti compresa, in cui sentire che sì, ciò che provi è legittimo.

E che forse, osservandolo per ciò che è, potrai sentire qualcosa sciogliersi dentro e provare a contemplare un’alternativa per affrontare le tue giornate che, fidati, potranno essere molto meno pesanti di ciò che credi.



Un rientro in salita

Ecco alcuni modi in cui – in maniera involontaria e inconsapevole – ci rendiamo il rientro ostico e difficile quanto scalare una montagna senza preparazione e in infradito, convinte di fare la cosa “giusta” per tornare al dovere e “rimetterci in pari”:


  • pretendiamo da noi stesse di ricominciare e di avere la capacità di gestire e svolgere le attività programmate “tutto e subito”,
  • riteniamo di dover essere sul pezzo con le energie e la concentrazione al 100% dato che nelle ultime settimane abbiamo riposato,
  • riempiamo l’agenda per “recuperare” tutto ciò che pensiamo avremmo dovuto fare, ma che non abbiamo fatto,
  • sempre per dar seguito al punto precedente, diciamo di sì a tutto e a tutti: qualsiasi richiesta arrivata via email nelle ultime settimane troverà i nostri cancelli spalancati e nessun confine a fare da filtro,
  • tutto deve essere perfetto,
  • abbiamo un atteggiamento di “scusa”: rispondiamo alle mail esordendo con frasi come “Scusa per l’attesa” e ci giustifichiamo per essere state assenti,
  • ci imponiamo fretta nelle decisioni e nella realizzazione di nuovi progetti e idee,
  • ci trasformiamo in giocoliere ed equilibriste: ci lanciamo in programmi e incastri mettendo sullo stesso piano di priorità ogni cosa, dall’incontro con un cliente, all’acquisto del materiale scolastico, dalla prenotazione della lezione di prova di yoga, alla manutenzione del nostro sito,
  • tutto è urgente, tutto va risolto subito, va gestito nell’immediato,
  • i corsi di formazione che riteniamo di dover seguire sono innumerevoli: se potessimo, ci iscriveremmo all’università per conseguire la seconda o la terza laurea, prenderemmo il decimo master, ci assicureremmo una qualche certificazione per dare prova del nostro valore e delle nostre competenze,
  • su molte questioni agiamo perché “dobbiamo“, perché gli altri lo fanno, perché “Si fa così“,
  • ci confrontiamo con chi, durante la nostra assenza o presenza saltuaria, è rimasto, c’è stato e usciamo dal paragone ancora più mortificate,
  • ci riempiamo di nuovi propositi, gli obiettivi stabiliti e perseguiti fino a poco tempo prima sembrano non bastare più e ci scapicolliamo per alzare l’asticella del traguardo.


Il risultato di tutti questi atteggiamenti violenti verso noi stesse e che la sensazione di essere sovraccariche aumenta a dismisura e, a differenza di ciò che crediamo, più agiamo in questa direzione, più appesantiamo le nostre giornate.


Proviamo con un atteggiamento nonviolento

In quanti e quali di questi atteggiamenti ti riconosci?

Individuare le trappole in cui stiamo cadendo è essenziale per prendere coscienza di come stiamo sabotando il nostro benessere.

Perché con questi comportamenti non solo ci infileremo in un circolo vizioso in cui alimentare desiderio di controllo e senso di colpa, ma vanificheremo in pochissimo tempo anche il beneficio del tempo appena trascorso.


Se ci identificheremo totalmente con ciò che stiamo provando (la colpa, appunto, il timore, il senso di incertezza, la vergogna, lo scoramento, la fatica) reagiremo agli aventi in maniera del tutto automatica; se invece ascolteremo queste emozioni, proveremo ad ascoltare il nostro dialogo interiore e a conversare con la parte di noi che si sente colpevole e preoccupata con curiosità e comprensione, potremo comprendere ciò di cui abbiamo davvero bisogno e trovare delle strategie più adatte a noi per un rientro che sia innanzitutto rispettoso nei nostri riguardi, dei nostri tempi e delle nostre energie.


Proviamo a ripartire da qui per non riprendere con la vecchia abitudine di punirci per qualsiasi azione “fuori posto” che compiamo.

Che ne dici, ti va di provare e di lasciarmi un commento per dirmi com’è andata?

A presto
Patrizia

Ph Ashim D Silva/Unsplash

Patrizia Arcadi

Sono Patrizia Arcadi, La Coach Imperfetta: ti aiuto ad accettare e accogliere l’imperfezione, riscoprendo il coraggio di essere te stessa. Lavorando con me potrai: sentirti più sicura di te e delle tue decisioni nella vita privata e nel lavoro, metterti al primo posto senza sentirti in colpa, riconoscere il tuo valore, dire la tua con sicurezza, apprezzarti e star bene con te stessa.

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