54969
post-template-default,single,single-post,postid-54969,single-format-standard,eltd-core-1.2.1,borderland-child-child-theme-ver-1.0.0,borderland-theme-ver-2.5,ajax_fade,page_not_loaded,smooth_scroll,transparent_content,vertical_menu_enabled, vertical_menu_left, vertical_menu_width_290, vertical_menu_transparency vertical_menu_transparency_on,wpb-js-composer js-comp-ver-6.9.0,vc_responsive

Tutto ciò che voglio tu sappia sull'”imperfezionismo”


La prima volta che ho usato il termine “imperfezionismo” è stato in un articolo di più di un anno fa in cui proponevo la mia visione sul perfezionismo come bisogno da accogliere e non come nemico da combattere.
Credevo (e credo tutt’ora) che non ci siano parti di noi contro cui fare la guerra e che, anche quelle più scomode, vadano accolte per vivere bene con noi stesse e sentirci soddisfatte di noi.


Questo era (ed è) l’imperfezionismo, secondo me: la capacità di concedersi la soddisfazione di sé anche fra le pieghe dell’imperfezione, perchè è lì che si cela il meglio di noi.

Eppure, non chiedermi perchè, da allora non ho più usato questo termine.
Forse mi sentivo un po’ sciocca a utilizzare questo neologismo (in Italia, ammetto, non lo avevo mai sentito), così ho lasciato il mio articolo lì, in un cassetto, come se non avesse valore (quante volte ci auto sabotiamo andando dietro al nostro critico interiore, eh?).

Qualche settimana fa, poi, Rob Brezny ha parlato di imperfezionismo e sui social c’è stato un passaggio di questo termine che mi ha fatto accendere una lampadina: dove l’avevo già sentito?

Dopo qualche ricerca sul web, ho scoperto alcuni articoli e saggi americani di cui non ero a conoscenza e poi su google è spuntato fuori il mio articolo, che avevo praticamente dimenticato.
In un attimo si è riaccesa in me la fiammella che mi aveva portato a usare quella parola tempo fa e a sentirla nuovamente “mia”:



Diffondere l’imperfezionismo come antidoto al perfezionismo, perchè l’imperfezione possa essere introdotta nella nostra vita a piccole dosi, per riuscire a vincere la smania di perfezione!


Un po’ come se improvvisamente qualcuno avesse voluto farmi capire che sono sulla strada giusta, una sorta di consacrazione della mia vocazione e del contributo che posso portare nella vita delle donne spronandole ad accettarsi, a smettere di farsi la guerra e a far pace con tutte le parti di sè, per trovare la loro personale strada verso la felicità e la soddisfazione di sé.



Imperfezionismo: cioè?

L’imperfezionismo è, innanzitutto, un’alternativa sostenibile al perfezionismo.

Un’alternativa che è un po’ come un viaggio alla scoperta di una nuova consapevolezza: accogliere l’imperfezione nella nostra vita non significa necessariamente stravolgerla (se ci pensi, spesso è l’idea di dover cambiare tutto e subito che ci spaventa ed è il primo deterrente al cambiamento), ma introducendo l’imperfezione a piccole dosi nella nostra quotidianità, a suon di atti gentili nei nostri riguardi e di piccole pratiche giornaliere.

Sostenere e perseguire la perfezione è molto faticoso e lo sappiamo tutte. Non solo: essendo inefficace, provoca frustrazione e disagio in cerca di realizzare tutto alla perfezione.


Praticare l’imperfezionismo vuol dire optare per un atteggiamento che, a partire dal riconoscere i propri bisogni come legittimi, ammette l’accoglienza della propria natura e delle proprie imperfezioni per poterli soddifare.

Nell’articolo “Il perfezionismo è un bisogno da accogliere non un bisogno da combattere” descrivevo in questo modo l’attitudine imperfezionista:

“Come per ogni cosa, è il modo con cui si punta all’obiettivo a fare la differenza: puoi scegliere di ammettere e accettare che su quella via ci possano essere cadute e imperfezioni, e quindi contemplare delle battute d’arresto.
Oppure puoi optare per una via più rigida, che ti ingabbia nell’”ismo”, che non ammette sbavature e che quindi può rendere il percorso molto più faticoso di quello che è, fisicamente ed emotivamente.


Nel primo caso adotti una strategia più flessibile, nel secondo caso una più “resistente”, in cui ti opponi ai risvolti della vita e agli imprevisti.
L’obiettivo è raggiungibile in entrambi gli scenari: con la differenza che nel primo sarai probabilmente più portata a sentirti soddisfatta di te e gratificata per il fatto di esserci riuscita, superando tutti gli ostacoli.

Nel secondo, il rischio è che non sarai comunque soddisfatta, perché troverai in ogni caso il modo per criticarti, per giudicare come ci sei arrivata, i tempi, i modi e, una volta centrato l’obiettivo, con tutta probabilità ti starai già preoccupando per il successivo.



Imperfezionismo non è accontentarsi, nè rassegnarsi, è contemplare la possibilità di fallire, è concentrarsi su !osa possiamo fare per “dare del nostro meglio”, anzichè su “ciò che gli altri potrebbero pensare di noi”. E’ rimanere connesse a chi siamo davvero ammettendo il rischio di fallire, di mostrarci vulnerabili, eppure così forti per aver avuto il coraggio di provare, di andare oltre la paura di sbagliare e di essere “percepite” come deboli.

Come fare allora ad adottare questo approccio sostenibile?

Si può accogliere l’imperfezione a partire dalle piccole cose, in punta di piedi, con delicatezza, riservandoci tanta gentilezza, con piccoli gesti all’apparenza poco significativi e che invece possono portare piccole rivoluzioni silenziose nella vita di tutte noi.

Vuoi rimanere in contatto con me e riceverealtri spunti di riflessione ed esercizi?
Iscriviti alla mia newsletter!




A presto,
Patrizia

Ph @imperfettacomeme
Patrizia Arcadi

Sono Patrizia Arcadi, La Coach Imperfetta: ti aiuto ad accettare e accogliere l’imperfezione, riscoprendo il coraggio di essere te stessa. Lavorando con me potrai: sentirti più sicura di te e delle tue decisioni nella vita privata e nel lavoro, metterti al primo posto senza sentirti in colpa, riconoscere il tuo valore, dire la tua con sicurezza, apprezzarti e star bene con te stessa.

No Comments

Post a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.